ACTING OUT Dicembre '06 by Federico Bava

 
Intervista ai Fanali di Scorta:
“Come il Cacio sui Maccheroni…”


Nomi e cognomi e strumento suonato dei componenti della band.
Stefano El Greco Macchiarulo, al basso; Maurizio Porner Lamorte, alla chitarra; Beppe Il Puglia Terzulli, alla batteria ; Daniele Chiarella che è il soprannome, chitarra e voce.

Da quanto tempo suonate assieme con questa formazione?

BT: Il progetto Fanali di Scorta nasce nel 2000. Al tempo il nome era Daniele Chiarella e i FdiS. Si trattava di spettacoli con musica e cabaret. La formazione era composta da 2 attori, un percussionista e un tastierista. Purtroppo, a volte, mantenere troppe teste assieme diventa problematico , e così intorno al 2003 gli altri ragazzi hanno smesso di sopportarci e sono arrivati Maurizio e Stefano.

Freak ‘n roll.. Che cos’è? Chi l’ha inventato?

MM: Diciamo che è nato dall’esigenza di dare un nome al nostro genere che è un misto di pop, rock, folk, ska, reggae….. A noi riesce naturale suonare questo genere, ma avevamo bisogno di definirlo. Così è saltato fuori freak ‘n roll…
DC: …è la via di mezzo tra maschile e femminile…
BT: …una via di mezzo tra singolare e plurale….
SM: ..è una specie di rock ‘n roll per freakettoni.. .
MM: anche se vorrei puntualizzare che in noi è sempre presente un’ anima rock ‘n roll…
DC: Come spesso mi capita di vedere, sembra che ci si vergogni a suonare per divertire. La nostra ironia molte volte viene associata a stupidità o leggerezza, ma in realtà è qualcosa di diverso…
AC: capitava sovente che mi chiedessero, cosa fanno? Oggi rispondo semplicemente freak n roll. Magicamente basta.

Quali sono le vostre influenze artistiche ? Anche extra-musicali se volete….

BT: mi viene da citare i Queen. Trasmettono allegria attraverso il loro rock ‘n roll. Posso dire che Daniele ed io rappresentiamo forse l’anima pop del gruppo.
SM: Io paragono la nostra musica alla pittura (risate dei compagni). Non voglio essere irriverente. Ma nei FdiS vedo luci e e ombre come in Caravaggio, pennellate scomposte e arte naif come in Salvador Dalì e tinte forti e accese alla Van Gogh.
MM: Beh dopo queste….io me ne vado dal gruppo…. Diciamo che le mie influenze musicali non riescono ad infiltrarsi all’interno del gruppo. Anche se devo ammettere che con i Fanali sono riuscito a fare qualcosa che non avrei mai ascolato né avrei mai fatto da solo.
DC: Sono affascinato dall’arte surrealista in ogni genere. È una corrente che mi ha catturato. Per fare un esempio cartaceo, citerei Gabriel Garcia Marquez. Riuscire a creare un’atmosfera apparentemente senza senso, ma che in realtà è ricchissima di elementi reali, o viceversa. Sono attratto da tutto ciò che è non-sense, da tutto quello che descrive la realtà che ci circonda in modi bizzarri e surreali.


Cosa c’è dietro questa vostra ironia? Come la ponete al pubblico? Mi viene spontaneo usare anche la parola sarcasmo..

SM: Non abbiamo veri e propri obiettivi sul pubblico. Noi gli portiamo la nostra ironia irriverente…
BT: …intanto cerchiamo di non prenderci troppo sul serio..
SM: ..sì, non prendersi troppo o troppo poco sul serio. Lavoriamo costantemente per cercare di raggiungere un equilibrio tra questi due aspetti. Noi quattro siamo molto diversi tra di noi, sia musicalmente che caratterialmente. Nonostante questo, siamo in grado di trovare un equilibrio tra di noi che sembrerebbe inaspettato.
BT: Diciamo che siamo quattro ragazzi che vogliono divertirsi. Nessuno di noi nasconde che gli andrebbe di fare qualcosa di importante. Ci piacerebbe comunicare un messaggio. Siamo quattro persone che sanno anche prendersi e prendere sul serio determinate questioni e sappiamo anche agire quando è necessario.
DC: Intanto il significato della parola ironia è vastissimo. E’ molto sottovalutata oggi. Penso che molti artisti che han creato cose ironiche siano stati spesso sottovalutati. Sembra quasi che la musica triste o depressa riscuota maggior successo.
BT: Molte persone si riconoscono più facilmente nelle canzoni tristi o nelle canzoni d’amore tragiche. Questo perché il lato triste della vita è il primo che salta all’occhio. Noi vorremmo far dimenticare quei momenti, almeno per poco tempo.
SM: Noi vogliamo comunicare ciò che di bello fa parte delle nostre vite. Lo facciamo con ironia, lasciando la tristezza per noi. – Un specie di filtro - … forse comunicare quello che esplode quando saliamo tutti e quattro su un palco o quando scriviamo qualcosa. Per quanto riguarda la nostra personale tristezza cerchiamo di proteggerci a vicenda, di assorbire le nostre problematiche.
MM: Noi riusciamo ad essere anche seri. Non riesco a credere ad uno che scrive solo canzoni d’amore o canzoni tristi. Non riuscirei a giustificarne l’esistenza.
AC: Credo che Fanali di Scorta è un film dove Totò incontra Benigni. Colonna sonora di Rino Gaetano. La vena ironica dei Fanali è particolare: se la intuisci è come avere la chiave magica per aprire tutte le porte del mondo FdiS e, sorpresa, all’improvviso scopri che FdiS non è affatto un progetto comico.

Siete cambiati stilisticamente nel corso degli anni?

DC: Sì. Prima eravamo molto più folk-rock e ska. Ancora più ironici, forse. Il cambiamento è dovuto anche alla crescita. Forse è proprio un cambiamento di crescita. Ci siamo tolti l’entusiasmo giovanile, senza però rinnegare le prime canzoni che, anzi suoniamo sempre a nostri concerti. Personalmente, dopo gli anni di delirio mi sono affezionato all’anormalità della normalità, alla quotidianità. Questo credo sia accaduto anche al gruppo. Di solito le cosa banali non le guardi nemmeno, invece spesso nascondono dei segreti bellissimi….
SM: C’è stata una crescita anagrafica. Abbiamo passato tanti anni assieme e questi cominciano a farsi sentire. Non può più essere come nel 2000 perché la band è cambiata per il 50%. Con l’arrivo mio e di Maurizio si sono mescolate nuove sensazioni e nuove tecniche alle radici dei Fanali di Scorta.
MM: Sì, siamo cambiati. Ascolti gli album prima di Beby Tawn Uan (EP del 2005) e noti palesemente la differenza. Credo di aver contribuito al cambiamento. Semplicemente suono con uno stile diverso.
DC: Maurizio è il più “musicista di tutti noi”. Noi altri tre siamo forse un po’ più….di panza…ecco.
AC: Penso che il progetto FdiS sia cresciuto soprattutto nelle sostanza. Tutti gli sforzi sono stati rivolti alla conoscenza delle regole non scritte del palco, quello che il pubblico non vede e ad un approccio sempre più professionale, fatto di dedizione, flessibilità e continuità. 250 live, tra cantine e palchi importanti, serviranno a qualcosa. Si lavora per aumentare il “tiro” del live e portarlo a 2 ore di pezzi propri è difficile, ma affascinante.

Com’è il vostro rapporto con il live, l’evento dal vivo?

BT: Concerti ne facciamo moltissimi. Chiuderemo il 2006 con una sessantina di date in giro per l’ Italia. Tutte eseguite senza avvalerci di un agenzia. Ci tengo a ringraziare Andre per questo.
SM: Andre è il quinto fanale, è una componente fondamentale per il nostro freak ‘n roll movement. Il live lo definirei come il momento più bello che passiamo assieme. Dal Merda Merda Merda iniziale alla chiusura con Giuda e Barabba. Non suoniamo solo per noi stessi, non possiamo concepirlo, siamo per la condivisione. (gli altri ridono). Senza live respiriamo male.
DC: Si chiama live perché fa sentire un gruppo vivo, non solo perché si suona dal vivo.
BT: Poi, ti permette di capire se un gruppo è capace a suonare o meno, se un gruppo può trasmetterti emozioni. Se un gruppo è un gruppo e non sono solo quattro persone che si ritrovano quasi per caso a suonare assieme. Non siamo distanti dal dare al pubblico il senso di un gruppo che suona bene assieme.
SM: E comunque in noi non si creano emozioni riconducibili alla paura o alla temerarietà ma, piuttosto una tensione propositiva che ci consente di affrontare i concerti con naturalezza.
AC: è facile “vendere” il prodotto FdiS. Ai loro concerti ho visto ballare i bambini, saltare la gente dei centri sociali e ancheggiare signore con i capelli grigi. Poi il freak n roll è come un morbo, se piace, si insinua e si sviluppa negli ambienti. Dall’altra, non sempre è facile vendere ciò che ami.


Alcuni pensieri sul futuro?

SM: Stiamo lavorando su alcuni pezzi, e cercheremo anche di far crescere ulteriormente la dimensione live.
DC: A luglio è uscito Freak ‘n Roll. Faremo girare quello. Tra l’altro per l’uscita dell’album la Board Passion ci ha fornito vestiti personalizzati per la stagione estiva e invernale, oltre ad aver contribuito alla realizzazione dell’album. La musica deve girare.
SM: Siamo indipendenti e non ci sentiamo obbligati a scrivere. Gli obblighi verso una casa discografica possono arrivare a distruggere le tue ispirazioni.
MM: Vorrei sottolineare il fatto che i FdiS non hanno la presunzione di voler inventare qualcosa di nuovo. Noi cerchiamo di essere originali per quelli che sono i nostri canoni di originalità. Cerchiamo, se possibile, soltanto di non ripeterci.
SM: Per esempio alcune canzoni nuove che non ci hanno molto emozionato provandole, così le abbiamo accantonate.
DC: Il nostro metodo lavorativo negli anni è consistito nel voler mettere sul piatto molte canzoni. Poi scegliamo quelle che ci danno l’impressione di poter funzionare meglio.
BT: Poi usiamo il disco come biglietto da visita. Sai, ti capita di suonare a 500 km di distanza, regali il cd e te ne vai. Alcune persone ci hanno criticato dicendo che non dovremmo regalare la nostra musica ma farla pagare… Il fatto è che volgiamo suonare e non possiamo permetterci di far pagare la nostra musica.
MM: E poi non è da sottovalutare il rischio che si corre legandosi a dei contratti che, molte volte, ti impongono una ripetizione…. Sembra che le case discografiche vogliano quello. Ripetere qualcosa all’infinito finchè non smette di fare successo.
AC: io penso che Fanali di Scorta abbia bisogno di un’agenzia seria che aiuti a sviluppare un progetto che ha basi solide, senza imbrigliarlo, e che può essere proposto ovunque e a chiunque. Anche come set acustico. Ecco, loro non ne parlano perché sono troppo pignoli per farlo, soprattutto se la cosa ancora non gira come vogliono, ma il set acustico è qualcosa che sarà sicuramente sviluppato, dati i risultati.

La scelta della lingua italiana.

BT: Innanzitutto i nostri testi sono molto diretti così come sono in italiano. E fa piacere suonare qualcosa che si capisca al volo e noi siamo un gruppo di musica italiana che si serve della lingua italiana.
DC: C’è anche un aspetto commerciale. La lingua inglese prevale e, appunto per un discorso commerciale, noi ci sentiamo particolari. Molti gruppi han preso a cantare in inglese e noi non li critichiamo per le loro scelte, solo non le condividiamo.
SM: (i colleghi ridono) E’ anche una questione di sensazioni. Nei nostri testi c’è molto slang italiano che è difficile da tradurre. Si tratterebbe di cercare la giusta traduzione per poter trasmettere il senso di quello slang…o anche il non-sense.
DC: I testi sono molto importanti. E’ vero che quasi tutti siamo cresciuti con musica inglese di cui abbiamo capito poco del significato dei testi. Canzoni che ci hanno entusiasmato ma poi magari dicono solo delle cavolate.
MM: Per me non c’è nessun problema a scrivere e cantare in italiano. L’opera ancora oggi è cantata in italiano. L’italiano ha un valore storico e culturale ineguagliabile.