Andrea Borracino su Rockit 29/03/07

 
Ci sanno fare, questi Fanali di scorta. Li vedi sorseggiare whisky al bancone del bar e adocchiare donne affascinanti. Ti aspetti di vederli duellare o uscire da banche appena derubate con una bandana sul viso. Vivono di strade polverose, donne inarrivabili e "alibi da rottamare". Starebbero bene in un film di Robert Rodriguez più che di Sergio Leone. Già, perché scrivono canzoni con uno stile sfottente, ironico. Brani suonati in maniera ineccepibile, melodie orecchiabili e testi divertenti, di quelli che fan sorridere. Tra un cantato un po' alla Bennato e sonorità già ampiamente utilizzate dai Litfiba (periodo "Spirito") saccheggiano qua e là, da De Gregori a Dalla passando per Ligabue, senza che i loro brani si possano ricondurre a questo o a quello in particolare.
E' un rock leggero e poco impegnato che colpisce per la sua alta capacità didascalica: come nella traccia d'apertura "Johnny devo confessare", dichiarazione d'intenti dell'intero lavoro ("Notti di ululati e ratti sudici di ectoplasma / donne di fede balzana balli e s'alzan la sottana"); o come in "Sweet Home", le cui liriche sconfortanti e pessimiste si uniscono a una melodia spensierata, da stabilimento balneare, in un ossimoro perfetto.
Trovano nella semplicità la loro arma migliore. Ma anche il limite più grande. Per quanto il risultato di questo primo vero lavoro sia da considerarsi positivo, credo che ci sia bisogno di osare di più. Di raccontare storie che riescano ad essere altrettanto divertenti senza che si possano considerare già sentite. Di tracciare nuove rotte e seguire percorsi alternativi: solo così quei fanali non saranno più solo di scorta.