Brixton by live

 
La mia prima volta al Brixton era un 25 Aprile. Eravamo scesi ad Alassio per una suonata all’aperto, ma qualche minuto prima della nostra esibizione un tuono fragoroso ci aveva costretto ad una ritirata tra i budelli sempre più stretti con gli strumenti a tracolla e le casse caricate in macchina alla meno peggio. Sempre diritto dopo una graziosa piazzetta e poi a destra in un vicoletto da gangsters anni trenta. Poi la pioggia era rimasta un ricordo tra il vociare colorato di un centro sociale nell’accezione più positiva e gioiosamente aggregativa del termine. Senza accorgermene ero al Brixton, anzi stavo suonando al Brixton su un palco di 4 assi ben calcate, tra uno sciame di parole incontrollate, mani che ritmavano i miei adagio e birre con la schiuma pannosa. Un bancone, tanta voglia di umanità sincera, di semplice collaborazione e una bandiera arcobaleno di pace. Son tornato altre volte al Brixton coi Fanali, serate memorabili, altre meno: Lurens con i suoi ricci, i Gosh nel parterre, l’uomo brizzolato sempre al fianco del palco, le pizze divorate dopo le curiose discese appenniniche. Ogni volta che arrivo dalla mia città proseguo nel viottolo per assaporare il mare, mi riempio le scarpe di sabbia e aspetto la sera per ammirare rapito la luna del circolo: quella palla di luce ocra solcata dalla rossa scritta che ti accoglie nella penombra pensosa del budello.
Come un rifugio per viandanti, un ricovero per parole mai banali, un angolo di libertà totalmente estraneo alla realtà che gli sta intorno. Un cameo di verace sensibilità in un contesto di ombrelloni balneari e sole incremato. Ricordo quella volta che mi son ritrovato solo su quel palco e ho dovuto quasi spezzare una corda per trovare una giusta motivazione per convincere gli astanti a farmi rincasare ad un’ora decente. Altre due orette tra la neve di Millesimo a Marzo e i vertiginosi piloni di Fossano, per arrivare all’albeggiare sotto le braccia della Mole ancora affascinato dal variopinto mondo del Brixton.
Daniele Chiarella